Archivio mensile:gennaio 2018

Chiedimi se sono un giaggiolo.

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Mi vedete ricominciata?

No, perché io un po’ mi ci sento.

Sarà che manca pococosì alla primavera ma mi sento ricominciata. Come un giaggiolo.

Ho googlato, non avevo idea che la parola “giaggiolo” corrispondesse a quel fiore lì. Ma ci pensi? Una vita a cercare di spiegare un fiore e poi si chiama “giaggiolo”. Credevo fosse un fiore a palla, quelli tipo crisantemo  (- googla “crisantemo” e poi muorAh. NO.-).

Quello lì l’ho sempre chiamato iris. Chissà che mi credevo. (E, infatti. Ma non mi rovinare il post).

Insomma, sono un giaggiolo. In qualche modo l’immagine che ho di me non corrisponde mai alla descrizione che me ne fanno. O comunque faccio fatica a sovrapporle (e finisce che chiamo giaggiolo un fiore immaginario che assomiglia al crisantemo).

E’ l’annoso problema del sapersi vedere. Del sapere chi si è. Del vedersi con gli occhi degli altri. Per cosa, poi?

Al giaggiolo mica interessa di chiamarsi giaggiolo. Potrebbe chiamarsi in qualsiasi altro modo e non gli importerebbe, crescerebbe lo stesso, sboccerebbe allo stesso modo anche se tutti lo chiamassero crisantemo. Mai saputo di giaggioli con crisi di identità.

Oppure di giaggioli invidiosi. “Come vorrei avere le foglie del crisantemo!”, “Hai visto quel crisantemo tutto scollato? Ma non si vergogna?”

Magari giaggioli pensierosi, quello sì. “Che faccio sboccio? Ma come sboccio? Da che parte è il sole? Così sboccio di lì” ma più di questo non so. Il giaggiolo sa che deve crescere e sbocciare e poi ritirarsi ai consigli dell’inverno, e quello fa. E mica gli importa di come lo chiami.

E allora perché a noi importa?

Perché ci fa innervosire che ci prendano per un crisantemo se ci sentiamo giaggioli?

E se ci sentissimo giaggioli e invece scoprissimo di essere crisantemi?

La verità, cari giaggioli, è che ci facciamo un sacco di problemi inutili.

Certo, il consiglio esterno è importante nei momenti di conforto e smarrimento, ma con tutti questi giaggioli che vogliono fare i crisantemi pare che se non sei un crisantemo non sei praticamente nemmeno un fiore, pussa via!

E allora tutti a fare i crisantemi, sei più crisantemo di lui, non sei più il crisantemo di una volta, guarda che quello lì, secondo me, se la tira tanto ma in fondo è solo un giaggiolo. (So’ spietati ‘sto crisantemi, eh), guarda che pezzo di crisantemo, sarà figlio di un crisantemo per bene, ma guarda ‘sto figlio di un giaggiolo!

E cosa ci sarebbe di tanto male ad essere un giaggiolo? E di tanto figo nell’essere un crisantemo?

Niente.

Assolutamente niente.

Vedete, un giaggiolo che viva da giaggiolo è meraviglioso. Quando incontra un crisantemo, lo deve trattare da crisantemo.

Cioè? come un altro fiore, diverso da sé. Ma sempre un fiore.

I crisantemi magari se la tirano un po’ ma perché hanno un sacco paura di non essere visti, anni ad usarli per i funerali hanno nuociuto alla loro autostima e ora cercano di rifarsi, ma sono solo tanto impauriti di non essere notati.

Ma che siano meglio o peggio dei giaggioli chi lo stabilisce? Di certo non un giaggiolo.

Non può. Il giaggiolo può solo crescere, sbocciare al meglio delle sue possibilità e poi, dato tutto, andare, con grazia. Anche se lo chiamano crisantemo. Anche se gli dovessero dire “non sei nemmeno un fiore”. Anche se tutto il mondo decidesse che il giaggiolo è un fiore bruttissimo. Non importa, giaggioli. Sbocciamo. Al meglio delle nostre possibilità.

 

irisMarsica01

I (ri)walk the line.

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I (ri)walk the line.

Santo cielo, povero blog abbandonato.

E povera corsa abbandonata. Ma che ci fa una che non corre e non scrive con un blog sulla corsa? Niente, il blog si chiama “corri e zitto” ed io sono stata zitta.

(Bel tentativo, Ida. Ma solo un tentativo).

Quindi, ancora qui.

Questo è un piccolo regalo per me, che sono sempre a ricominciare.

Oh, come mi piace ricominciare! Quel retrogusto di rinascita di ogni nuovo inizio. Quel sottile piacere del sapere già e del vedere dettagli ancora nuovi, nonostante le precedenti 2000 volte in cui… Quel sorriso che fa capolino, lì, appena girato il primo angolo, il primo paragrafo.

Tre, quattro falcate.

Cinque, sei righe.

Rieccoti. Frullata, cambiata, invecchiata, rinata. Mai davvero lontana, mai davvero dimenticata. Solo un po’ sfocata, forse.

 

Come amo ricominciare.

Quella sensazione da dopo tempesta, quell’amico ritrovato, quella canzone che non sentivi da dieci anni, quel profumo che ricorda la nonna – gran donna -. Quel salutare ogni filo d’erba che incontri, ogni tasto, ogni lettera (l’ho già usata la Z? Ciao, Z, mi sei mancata), quel sentirsi a casa, reduce da chissà quale viaggio organizzato finito disorganizzativamente (che forse come parola non esiste ma, chissenefrega, sono a casa!), ancora qui, ancora una volta a ritrovarsi, quel guardarsi allo specchio dopo giorni e ricordarsi che si esiste, magari male, ma esisti.

E forse ricomincio. Con molto meno tempo, con molti (5) chili di troppo, con due consapevolezza in più e qualche senso di colpa in meno. Ricomincio a piccole falcate, leggere, senza tempo, a piccole parole, magri contenuti, scarsa revisione. Ricomincio per me, che ogni tanto esco dal mio sentiero e mi ritrovo a correre alla velocità di qualcun altro, non certo la mia, e poi mi fermo, secca, a chiedermi cosa diavolo ci faccia lì, fuori dal mio seminato, con l’aria di chi abbia avuto una fuga dissociativa, più che altro.

 

I walk the line, Johnny Cash  >>>   https://youtu.be/KHF9itPLUo4